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Alla presentazione della biografia "Il duca di Sabbioneta"

Alla presentazione della biografia "Il duca di Sabbioneta"
Luca Sarzi Amadè (ph. by Gigi Bonfatti Sabbioni)

venerdì 7 febbraio 2020

L'imbroglio del taglio dei parlamentari.

Il 29 marzo si vota il taglio dei parlamentari. Avete le idee chiare? o siete solo arrabbiati con la classe politica? Siccome il voto può avere effetti dirompenti nel Paese, Vi proponiamo una riflessione.



Referendum sul taglio dei parlamentari.
Una vignetta che può ricordare due elettori indottrinati dai media..


Ci risiamo col taglio dei parlamentari. Renzi -ricordate?- nel 2016 non ci riuscì. E così adesso tornano alla carica i 5Stelle con il PD e la Lega (mix davvero originale, impensato fino all'altro ieri). Domenica 29 marzo si svolgerà il referendum. Ma come votare? I mass media ci tempestano di messaggi, ma a quale scopo? Cerchiamo di sfatare alcuni luoghi comuni.

Abbiamo troppi parlamentari: 315 senatori e 630 deputati.

Troppi rispetto a cosa? al numero degli abitanti? L'Olanda ha 150 deputati e 75 senatori per una popolazione di 17 milioni di persone, il Belgio ha 150 parlamentari e 71 senatori, ma solo 11 milioni di abitanti. L'Italia, per reggere il confronto con i Paesi Bassi, dovrebbe avere 792 parlamentari, e, per stare al passo con il Belgio, ben 1200! Che si tratti di un vizio dei Paesi nordici? La Grecia ha 10 milioni di abitanti (un sesto dell'Italia) e 300 parlamentari (quasi un terzo dell'Italia): secondo questa proporzione noi dovremmo averne addirittura 1800. Che sia colpa allora del caldo clima mediterraneo? L'Austria, paese indubbiamente alpino e virtuoso, ha 247 parlamentari, ma non arriva a 9 milioni di abitanti: su queste basi l'Italia dovrebbe esprimere qualcosa come 1670 parlamentari! Certamente la Francia con i suoi 577 deputati e 346 senatori, totalizza un numero di rappresentanti abbastanza vicino al nostro per una popolazione tutto sommato di poco superiore (68 milioni di individui). Il Regno Unito poi ha circa 780 lords (non eletti, e dunque inabilitati ad esprimere un governo) e 650 deputati eletti a suffragio popolare, per un totale di oltre 1300 contro una popolazione non molto distante da quella francese.

La riduzione dei parlamentari non riduce la rappresentanza dei cittadini.

Questa è la tipica affermazione illogica. Quale che sia la legge elettorale, e quale che sia la soglia di sbarramento prevista, ad una lista di minoranza occorreranno molti più voti di adesso per sperare di essere rappresentata. I casi riportati evidenziano come, indipendentemente dalla posizione geografica (ci siamo limitati per semplicità all'Europa), il numero dei parlamentari nei regimi cosiddetti democratici sia di solito comunque elevato, sia in Paesi nordici come mediterranei, virtuosi come non, e che l'Italia fino ad ora non è sfuggita al fenomeno.

Diminuendo i parlamentari diminuisce anche il loro costo. 

Non è detto: molti di coloro che andranno a votare ignorano che i 100 senatori americani costano alle casse statunitensi molto di più dei nostri 315 messi assieme. Vi siete chiesti come mai? e soprattutto come mai questo dettaglio, tanto evidente, venga puntualmente taciuto?

Il taglio dei parlamentari aumenterebbe la democrazia.

Al contrario: il parlamento diventerebbe più debole proprio nella delicata funzione di contrappeso al governo. Ciò ridurrebbe il potere contrattuale delle forze minoritarie, con l'effetto evidente di facilitare il cammino alle decisioni prese dall'alto, spesso (come noto) su pressione di gruppi di potere (banche, multinazionali e...azzarda qualcuno -ma ci ostiniamo a negarlo- anche di mafia e camorra).

Tagliare i parlamentari ci farebbe risparmiare un caffè all'anno a testa.

Ma con quali conseguenze? Presumibilmente con un incremento delle voci di spesa, quali le famose opere inutili tanto care alla classe politica italiana (la stessa che ora il taglio lo chiede). Il singolo ponte sullo Stretto di Messina, per fare un esempio, a causa della mole dell'opera ingoierebbe da solo miliardi a beneficio di consorterie locali non sempre limpide; ma resterebbe una cattedrale nel deserto, considerata la situazione delle strade e delle ferrovie che vi conducono, e che naturalmente non si parla neppure di risolvere. Proprio Matteo Renzi, l'ideatore del precedente referendum (anch'esso diretto al cuore dei contrappesi democratici), aveva dichiarato la propria intenzione di dedicarsi, in caso di vittoria, al dispendioso progetto.

Visto che l'Italia va male, tentiamo almeno questa strada.

Altro equivoco. L'Italia va male NON per colpa della nostra Costituzione, che in tante università straniere è studiata come una delle migliori al mondo, ma per gli egoismi che lacerano il Paese: troppo spesso anteponiamo l'interesse individuale all'interesse collettivo; troppo spesso lo Stato, ad onta dei sani principi costituzionali, ci tratta da sudditi. Ricordate che il referendum può avere un effetto dirompente, e irreparabile, perché cambiando così radicalmente la Costituzione, si decide il destino delle prossime generazioni.

Come mai per questo referendum una data così ravvicinata?

Semplice. In questo modo l'elettorato, sottoposto al bombardamento mediatico, ha molto meno tempo di informarsi che nel caso dei referendum passati. https://www.radiocittafujiko.it/taglio-parlamentari-il-referendum-senza-quorum-che-puo-stravolgere-la-democrazia/

Ma allora, come ridurre i costi di Camera e Senato?

Anziché tagliare il numero dei parlamentari, sarebbe sufficiente porre un tetto (anche costituzionale) agli emolumenti di deputati e senatori. E' poi così difficile? Si potrebbe così raggiungere lo scopo senza intaccare la rappresentanza dei cittadini. Domandiamoci sempre a chi giova un provvedimento, perché i mass media lo "spingano" tanto, e come mai di solito non si faccia la cosa più logica.

giovedì 17 novembre 2016

Referendum: per coloro che non hanno deciso.

 Votare sì o no? Sul referendum del 4 dicembre c'è una gran confusione. Poiché la posta in gioco è il nostro futuro cerchiamo di chiarire le idee smentendo le fandonie imperanti. 



Un disegno che può ricordare il referendum costituzionale.

 E' bene sfatare alcuni luoghi comuni: chi vuole le modifiche costituzionali non lo fa per amore della democrazia, o del Paese. Vediamo, con pochi, semplici esempi, il perché. Poi ditemi se i dibattiti in corso non hanno l'effetto di confondere le idee anziché chiarirle.

E' un referendum democratico

 In teoria dovrebbe esserlo. In realtà non lo è. Infatti il referendum ci obbliga ad approvare o respingere in blocco le modifiche a ben 41 articoli della Costituzione (oltre all'abolizione del Cnel, che pochissimi elettori sanno cos'è).  Che senso ha, per fare pochi esempi, accozzare in un solo quesito l'abolizione del Cnel, la riduzione dei parlamentari, e il trasferimento del voto per il Senato dal comune cittadino ai politici già eletti? Questa bizzarra procedura nega ai cittadini il diritto di scegliere liberamente quali modifiche approvare e quali no. E ciò ha evidentemente una motivazione che nessuno spiega.
 Insomma un pacchetto "tutto compreso" (prendere o lasciare) nello stile del più genuino marketing commerciale. Non a caso la propaganda per il Sì si svolge a colpi di slogan e spot televisivi, anziché attraverso un confronto capillare sui singoli punti, quasi che la modifica alla Costituzione fosse un qualunque prodotto da piazzare sul mercato.


Votiamo per il governo Renzi.

 Il voto del 4 dicembre NON riguarda il governo Renzi, MA la Costituzione, che determina l'ordinamento dello Stato. Sia chiaro questo concetto: infatti la nostra decisione peserà su intere generazioni di italiani. Chi identifica il voto per il referendum nel voto per il governo Renzi vi confonde solo le idee (un errore commesso -ahimé- anche dal fronte del No).
 Oltretutto, a rigor di logica, in tutta questa vicenda, Renzi, come capo dell'esecutivo, dovrebbe avere la correttezza di proclamarsi neutrale, distinguendo tra compiti del governo e compiti del parlamento. Però, siccome, contrariamente ad ogni sano principio, si è messo invece a sostenere ostinatamente il Sì, giocoforza una vittoria del No lo indebolirebbe. E questo sarebbe solo il frutto della sua naturale inclinazione. Ma non è questo il criterio per decidere, dal momento che in democrazia il governo, a differenza della Costituzione, è per sua natura comunque transitorio (è poi tutto da vedere se, in caso di vittoria del No, Renzi avrebbe la coerenza di dimettersi).


Guardate: per il No votano anche Berlusconi, la Lega, D'Alema!

 Appello retorico. Infatti svia la nostra attenzione dal tema centrale -la Costituzione- come a negare agli elettori perfino la capacità -e dunque la libertà- di decidere con la propria testa. Ciascuno di noi ha il dovere di leggersi il testo della Riforma, piuttosto che le opinioni o le interpretazioni (che sono sempre di parte). Il voto di ciascuno di noi vale esattamente quanto il voto di Grillo, di Berlusconi o di Salvini (o di Napolitano, Violante o dello stesso Renzi per par condicio). Ricordate il principio di uguaglianza che è alla base della democrazia!
 Ricordiamo in proposito che il Risorgimento prima, e la Resistenza poi, videro uniti gli sforzi di soggetti politici spesso contrapposti, al fine di difendere il bene supremo: la libertà. E parliamo -nel caso della guerra di Liberazione- di repubblicani, liberali, comunisti e clericali, normalmente poco assimilabili tra loro.
 In democrazia le scelte di voto sono, e devono rimanere, individuali.


Gli Usa ci hanno invitato a votare Sì.

 Questa è una pericolosa ingerenza del Presidente Obama nella politica interna del nostro Paese. Non avrebbe dovuto farla. E altrettanto male ha fatto Trump a sbilanciarsi in favore del No.
 Ingerenze di questo tipo nei fatti interni di un Paese, riverberati dai mass media in un momento delicato come l'attuale, possono solo favorire associazioni fuorvianti (come abbiamo visto nel caso precedentemente descritto) e disorientare gli elettori indecisi. In democrazia, ribadiamo, il voto richiede la massima serenità.
 Non si vede poi perché il presidente americano debba ingerirsi del referendum italiano, nel momento in cui gli altri 200 capi di Stato esteri se ne stanno saggiamente zitti. Forse che gli Usa sono l'unico Paese al mondo che non ci considera un popolo libero?


Riduciamo i costi della politica.

 E' un'altra bugia. Infatti, se riducendo il numero dei parlamentari si avrebbe all'inizio un'apparente diminuzione dei costi, in realtà ben presto si noterebbe l'effetto opposto. Un esempio è dato proprio (chi lo avrebbe detto?) dal sistema americano -appena 530 tra deputati e senatori per una popolazione di 300 milioni di abitanti, cinque volte la nostra- con un costo di gran lunga maggiore di quello delle nostre Camere, che pure hanno un numero di componenti quasi doppio.
 Se la riforma dovesse passare avremmo un governo molto più forte (per ammissione degli stessi referendari), che a propria totale discrezione potrebbe, sollecitato da gruppi finanziari (e, non possiamo escludere, anche mafiosi), assumere decisioni opportune per pochi privilegiati, ma deprecabili per il Paese. La prima che ci viene in mente è la costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina, preannunciata con enfasi da Renzi proprio in vista del referendum. Altro che riduzione dei costi della politica!


Si aumenterebbe la partecipazione dei cittadini.

 Smentire questa bugia è semplice perché basta leggere il testo. L'elettore perderebbe ipso facto il diritto di votare per il Senato, che resterebbe comunque in vita, sebbene ridisegnato nelle sue funzioni. Se passa la riforma i senatori verrebbero eletti non più dai cittadini, ma, nella quasi totalità, dai consigli regionali e delle province autonome. In sostanza: la sovranità popolare verrebbe amputata di uno dei suoi diritti naturali, sanciti con l'avvento del sistema democratico dopo la dittatura. E la "classe politica" (dunque la partitocrazia) ad oggi tanto impopolare, ne uscirebbe rafforzata. Adesso avete capito perché insistono tanto per farci votare Sì?









domenica 13 novembre 2016

L'antenato nel cassetto "sbarca" a Torino!

L'ultimo venerdì di novembre, ore 18,30, non mancate! Il manuale di scienza genealogica verrà presentato a Torino, al prestigioso Circolo dei Lettori. Interverranno Carlo Burdet e Gustavo Mola di Nomaglio.






 Finalmente a Torino. Venerdì 25 novembre, ore 18,30, al Circolo dei Lettori, in via Bogino 9 (tra la centralissima piazza San Carlo e piazza Carlo Emanuele II). Il manuale di Luca Sarzi Amadè si rivolge ad un pubblico di appassionati, sia studiosi già navigati che curiosi alle prime armi, e vuol costituire una guida estremamente agevole per districarsi nel difficile campo delle ricerche anagrafiche. A presentare il volume (che ha prefazione di Franco Cardini) saranno due storici piemontesi di lungo corso, quali l'architetto Carlo Burdet e il dottor Gustavo Mola di Nomaglio. Nell'occasione sarà presente l'Autore, che risponderà alle domande del pubblico. Un'occasione irripetibile per conoscere altri appassionati di genealogia, e ovviamente per acquistare il libro, edito da Mimesis Edizioni, casa editrice specializzata nel campo universitario.





lunedì 19 settembre 2016

Luca Sarzi Amadè a "Dimensione autore"

La nota trasmissione radiofonica ha dedicato, in vista dello scorso Salone del Libro di Torino, una puntata al mio manuale di scienza genealogica. Ora questa è disponibile via internet.




Il manuale di genealogia con prefazione di Franco Cardini.
In studio, per registrare "Dimensione autore" (foto di Milanese).


 Lo scorso venerdì 6 maggio mi sono recato ad Alpignano (poche fermate di treno dopo Torino), dove i conduttori Laura Scaramozzino e Giorgio Milanese (che ringrazio) mi hanno dedicato un'intervista inerente il libro "L'antenato nel cassetto" (Mimesis Edizioni).
 Ora, con immenso ritardo (del quale mi scuso), il nostro incontro, della durata di circa un'ora, è a Vostra disposizione in rete (qui).




venerdì 25 marzo 2016

Grazie, signora Giancarla

Lutto per la morte di Giancarla Mursia, e al tempo stesso un sincero ringraziamento per avermi scoperto come autore e per avere pubblicato nelle sue collane ben tre dei libri miei.


Giancarla Re Mursia al lavoro nel suo ufficio (ph. by "L'Unità").


 L'abbiamo criticata, contestata, ammirata. La Signora Giancarla non era certo una persona facile. Ma Le dobbiamo una grande riconoscenza, per primo l'autore di questo blog. Fu infatti la "sciora Giancarla" che nei primi anni '80, mi ricevette nel suo ufficio di "ammiraglia" (alle sue spalle due carabinieri di legno, tanto per sottolinearne il carattere, ma anche la profonda umanità) quando ancora tenevo una rubrica di cose milanesi su Repubblica. Si parlò di fare un libro su Milano, che poi non si fece. In compenso se ne fecero altri tre: in ordine di tempo: nel 1987 "Milano fuori di mano" (con prefazione di Jannacci), 400 pagine e centinaia di illustrazioni quasi tutte eseguite dall'Autore, quando bisognava andare dal fotografo, e le foto costavano davvero molto, perché bisognava stamparle in formato cartolina, e non sempre venivano approvate dal capo dell'ufficio tecnico, il severissimo Maggi. Nel 1991 "Milano in periferia" (con prefazione di Francesco Ogliari). Due rivisitazioni dei quartieri di Milano sorti fuori le mura spagnole, e fino ad allora pressoché ignorati dalla "letteratura" scientifica e turistica sulla città: l'una (il primo libro) alla scoperta delle risorse storiche, paesaggistiche, artistiche, delle zone decentrate (cascine, palazzi, Navigli, opere d'arte, musei...); l'altra (il secondo) alla ri-scoperta della periferia del tempo che fu (aneddoti, racconti, macchiette, consuetudini, e naturalmente fotografie d'epoca), materiale quest'ultimo ricavato per via quasi esclusivamente orale presso gli anziani che l'autore aveva rastrellato quartiere per quartiere in tutta la città.

 
Il cantante Enzo Jannacci fece una bella prefazione.
La mia guida alle zone decentrate della città.



 Come mai due libri soli nell'arco di un decennio? La "sciora Giancarla" era molto attenta, e non pubblicava facilmente autori che non avessero alle spalle la loro brava "gavetta" (ad esempio, su di un argomento come la città di Milano -che pure era quella dove la casa editrice aveva sempre svolto la propria attività- Mursia editava un solo libro l'anno -una strenna- per Natale). E così, per decidere la pubblicazione del primo dei due volumi, la dirigenza della casa editrice -in primis l'occhialuto filosofo Roberto Tozzi, un toscano dal grande fiuto, capace di scelte coraggiose-  impiegò, tra un rinvio e l'altro, addirittura due anni di tempo. Altri due anni li richiese l'autore al momento della stipula del contratto, allo scopo di avere a disposizione tutto il tempo necessario per svolgere la propria opera al meglio (sebbene l'editore avesse proposto il termine, apparentemente ragionevole, di un anno per la consegna del testo definitivo). Venne poi il turno del secondo libro, che utilizzò in larga parte materiale rimasto escluso dalla redazione del primo per semplici motivi di spazio, e al quale si aggiunse, come potete immaginare, altro materiale ancora.


Non è il vicolo dei lavandai, ma un lavatoio alla Melgasciada.
La periferia milanese di ieri e dell'altro ieri.


 Fu poi la volta del terzo libro. "Come svolgere ricerche sui propri antenati" uscì nel 1995, nella collana di manuali "Il Bivio", e fu concepito come agile vademecum rivolto a chiunque, partendo da zero, ambisca a svolgere ricerche sulla propria famiglia (un'ossessione che l'autore si trascinava sin da bambino). E fu il primo del genere, almeno in Italia, che comprendesse anche un glossario delle abbreviazioni più usuali nei manoscritti antichi, e che sono -si sa- il primo rompicapo dei genealogisti (ed aspiranti tali).


Uscì nella collana "Il Bivio" di Mursia.
La prima edizione del mio manuale di genealogia.



 Oggi il primo e l'ultimo di questi volumi sono ormai esauriti da tempo.
 Nel frattempo tuttavia il manuale ha trovato un nuovo editore, ed una nuova veste (più ampia, più evoluta) sotto il titolo "L'antenato nel cassetto. Manuale di scienza genealogica" nella collana "Le Erme" (fondata e diretta dell'autore stesso) della casa editrice Mimesis, e con la generosa prefazione dello storico Franco Cardini.
 Per tutte queste ragioni devo dire grazie alla Signora Giancarla. I giornali hanno dedicato poche parole alla sua figura, e forse è giusto così, perché quando muore una grande persona deve sempre rimanere in noi la sete, la curiosità di sapere qualche cosa di più.

lunedì 13 aprile 2015

Finalmente il nuovo manuale di genealogia!

Da Mimesis Edizioni l'attesa, nuova edizione del manuale di genealogia di Luca Sarzi Amadè. Una sintesi di oltre quarant'anni di esperienza dell'Autore nel campo. Da aprile nelle librerie di tutt'Italia. 



Genealogical research handbook
Il manuale di Sarzi Amadè è edito da Mimesis.



 Chi furono i nostri avi? Dove vivevano? Che mestieri svolgevano? Quanti di noi si sono posti, almeno per una volta, queste domande! L'Autore aveva cercato di soddisfare queste curiosità già vent'anni or sono con il manuale "Come svolgere ricerche sui propri  antenati" uscito nel 1995 nella collana "Il Bivio" della storica casa editrice Mursia. Ora, dopo tanto tempo, l'opera è finalmente disponibile nella nuova edizione, profondamente riveduta, ed aggiornata (basti la prefazione di uno storico come Franco Cardini!) per i tipi di Mimesis Edizioni, dove costituisce il secondo volume della nuova collana "Le Erme".
 Il libro è nato per rispondere alle ovvie curiosità dei più. Tuttavia esso vuole dare una risposta a un più ampio ventaglio di esigenze: pensiamo all'utilità della ricerca genealogica per tutti coloro che si occupino più in generale di storia, di biografie (di pittori, di condottieri, di uomini pubblici), ma anche di antropologia umana e culturale. Essa consente infatti di indagare le relazioni di parentela, e quindi la storia (politica, sociale, e anche sanitaria) di una famiglia, di un gruppo di famiglie, perfino di un popolo. Tuttavia la scienza genealogica può avere applicazioni per molti di noi impensate. Nel campo medico, per fare un solo esempio, essa permette di identificare l'antenato comune a soggetti che condividano la medesima mutazione genetica (che può essere responsabile di fenomeni clamorosi, come la longevità oppure il nanismo). Il volume evidenzia inoltre come la genealogia possa essere utile perfino in campo onomastico e di conseguenza linguistico.
 Purtroppo intorno a questa scienza fioriscono ancora oggi gli stereotipi: infatti molte persone, specialmente in Italia, continuano a identificare la genealogia con l'araldica e la nobiltà. L'Autore, avendo cominciato a dedicarsi alle ricerche fin da bambino, ha così ritenuto un dovere mettere a disposizione della collettività il frutto della propria esperienza. Anche per questo motivo il volume si propone con un linguaggio estremamente semplice, e perciò idoneo a dipanare la materia secondo un percorso logico, che faccia leva su tutte le possibili domande che sorgano spontanee in un comune lettore, in modo che nessun angolo della tematica rimanga inesplorato. Si passa così dalla struttura della parentela, alla storia dei censimenti e dello Stato Civile, dalla storia degli archivi parrocchiali alla storia dei cognomi, dagli errori più comuni per il ricercatore a una visione sinottica dell'araldica e della nobiltà da un punto di vista però diverso da quello cui siamo abituati.
 Centinaia di illustrazioni -per lo più documenti antichi, ma anche stampe e disegni- offrono una panoramica delle più disparate tipologie di documenti (ciascuno dei quali commentato in una didascalia dettagliata, mirata a focalizzare, e spiegare, tutti i motivi d'interesse del documento stesso) e anche delle diverse realtà (storiche e antropologiche) che si possono incontrare sul territorio nazionale. Nessuna regione d'Italia è stata esclusa, e particolare attenzione è stata prestata alle minoranze (ebrei, valdesi, albanesi, greci, armeni, zingari...), che, a ben vedere, nella realtà storica si rivelano più significative di quanto la parola "minoranza" possa farci pensare.
 Un lungo capitolo è dedicato a quanto internet offre oggi nel ramo delle ricerche genealogiche e, al tempo stesso, alle numerose possibilità di estendere il campo investigativo al di fuori della Penisola, praticamente in tutto il mondo, attraverso una serie di link.
 Numerosi sono gli apparati: dai glossari dei termini storici più comuni (quelli ad esempio che descrivono i rapporti di parentela, o riguardano il tempo cronologico) all'appendice delle abbreviazioni latine e volgari più frequenti nei manoscritti. Queste ultime, da sole, sono oltre cinquecento, disegnate una ad una appositamente per Voi dall'Autore.